Agujitas - Piedras Blancas - Puerto Jiménez
- Mirco
- 7 mar 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 30 mar 2019
Domenica 3 febbraio 2019.
Dopo una notte non particolarmente confortevole ci alziamo alle 7:00, impacchettiamo tutto e ci mettiamo direttamente in strada. L'obiettivo è arrivare al parco nazionale Piedras Blancas il prima possibile.
Dopo un paio d'ore sulla strada principale arriviamo a La Gamba, un paesino di poche case da dove in teoria si accede a piedi al parco. Scopriamo che i sentieri che accedono al parco sono all'interno della proprietà di un residence di lusso dove ci spiegano di tornare al paesino e chiedere al centro dei rangers. Così facciamo, andiamo dai rangers in paese e uno di loro, molto gentilmente, ci indica come raggiungere l'entrata del parco. Ci spiega che dobbiamo prendere una stradina secondaria per qualche chilometro, attraversare i campi di palme e poi entrare nel letto del fiume e seguire le tracce dei pneumatici lungo il fiume fino all'entrata del parco. Partiamo seguendo le sue indicazioni. Non avevamo idea di cosa ci aspettava.

Dopo il primo tratto di strada monocorsia sterrata (ma normale) giungiamo al fiume. Tra noi e il fiume c'è un argine di un paio di metri. Nonostante la nostra Ssanyong 4x4 sia invincibile, passare da li non se ne parla. Neanche un monster-truck. Scendiamo dalla macchina per capire meglio la situazione e in mezzo alle canne di bambù scorgiamo delle tracce di pneumatici che portano al fiume. Seppur impegnativa, sembra una via decisamente più fattibile.
Ci rimettiamo in macchina e ci avviamo. Tra buche e sassi arriviamo al fiume. Lo attraversiamo.
Normalmente, la strada continua dall'altra parte del fiume, quindi ci aspettavamo una via una volta di là. Ma non vediamo niente, non c'è nessun buco tra la vegetazione, non c'è una via che continua. Questa volta era diverso, non c'era nessuna via sull'altra sponda del fiume. La via era il fiume.
Vediamo quelle che sembravano essere delle tracce di pneumatici che costeggiano il fiume, giusto accanto. Ci rendiamo conto che il ranger quando ci ha detto di seguire il fiume, intendeva seguire il fiume letteralmente.

Seguiamo le tracce lungo il letto del fiume. Attraversiamo il fiume una seconda volta e poi ci infiliamo di nuovo tra le canne di bambù. Poi attraversiamo il fiume ancora, e poi ancora e ancora. In totale abbiamo attraversato quel fiume decine di volte, ogni tanto le tracce ci hanno anche portato condurre nel fiume (come nella foto), vedi il quarto video in basso.
Se la macchina fosse stata di nostra proprietà, tra i sassi, i rami e l'acqua sarebbe stata una sofferenza interminabile. Ma la macchina era a noleggio e avevamo assicurazione casco totale senza franchigia. Danni? Siamo coperti! Guidare in quel fiume è stata una figata.
Dopo circa mezzora su quella "strada" arriviamo all'entrata del parco. Abbiamo riconosciuto l'entrata del parco semplicemente perché non si riusciva più a continuare lungo il fiume e vi era una recinzione in filo spinato che delimitava il terreno del centro di accoglienza del parco.
Entriamo e conosciamo Alberto, il ranger incaricato di gestire l'area e accogliere i visitatori. Ci presenta le varie attività che si posso fare nel parco e ci spiega come distinguere i serpenti velenosi. Quelli velenosi hanno la testa a forma di cuore, una volta lungo il tratto di fiume che abbiamo appena percorso ne aveva contati 83.
Prima di incamminarci lungo il sentiero appaiono degli esemplari di pavone, molto diversi da quelli che abbiamo in Europa.
Ci incamminiamo, fa caldo. La vegetazione non è come quella che abbiamo visto finora. Le foglie degli alberi hanno già iniziato a cadere ed il sentiero ne è ricoperto. Sembra autunno.
Dopo non molto arriviamo all'attrazione principale del sentiero, un albero enorme di qualche centinaio di anni. È così alto che non si vede la cima. Decine di liane pendono dal cielo e diverse altre piante sono cresciute su questo albero. Le radici sono enormi, alcune sono ampiamente più alte di noi. Continuiamo lungo il sentiero e ci imbattiamo in un branco di coati, poi in vari tipi di rane una più particolare dell'altra ed infine scorgiamo anche dei pècari, degli animali molto simili ai cinghiali. Come in tutta la Costa Rica, anche qui non mancano le autostrade di formiche.
Torniamo al punto di partenza, salutiamo Alberto e ci prepariamo a tornare indietro per la strada-fiume. Questa volta, sapendo cosa ci aspettava, piazziamo la GOPRO sulla targa. Video spettacolo. Qui sulla destra un brevissimo estratto del video di 20 minuti di rally letteralmente attraverso il fiume.
Passato il fiume e tornati alla civiltà continuiamo il viaggio per un centinaio di chilometri in direzione di Puerto Jiménez. La strada principale, asfaltata e ben mantenuta, è molto bella e si snoda lungo un paesaggio magnifico tra la giungla e l'oceano.
Arrivati a Puerto Jiménez andiamo a Cabinas Jiménez, dove John, il proprietario, ci offre una camera fin troppo lussuosa fuori dal nostro budget. Ci fa un prezzo, seppur sempre alto, accettabile ed essendo già tardi, decidiamo di rimanere. Abbiamo addirittura una cucina in camera, la quale ci permette di risparmiare sulla cena.
Per concludere la giornata in bellezza, non si sa ancora bene come, Luca fa saltare tutto. Black out in camera. Restiamo senza corrente. Ma per fortuna riusciamo a risolvere il problema e goderci la cena in terrazza.
Dei letti grandi e comodi ci aspettano, domani andiamo a vedere i delfini.
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Qualche foto della giornata:
L'andata verso il parco:
Nel parco e il ritorno:
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