Giovedì 14 febbraio 2019.
Il nostro ultimo giorno tutti insieme.
Essendo l'ultimo, dovevamo approfittarne al massimo. Quindi sveglia alle 5:30 per andare in spiaggia a vedere l'alba per l'ultima volta.
Ci svegliamo, in pochi minuti arriviamo in spiaggia e ci godiamo l'ultima alba tutti insieme in Costa Rica. Dopodiché torniamo in terrazza a fare colazione. La nostra ultima colazione tutti insieme in Costa Rica.
Impacchettiamo tutto per l'ultima volta. Siamo pronti a partire, ma prima un ultimo bagno nell'oceano pacifico. Chissà quando ci rivedremo.
La nostra destinazione è San Josè, dove dobbiamo consegnare la nostra amata Ssanyong. Ma prendiamo il giro largo. Invece di attraversare il golfo di Nicoya con il traghetto, decidiamo di percorrere l'intera penisola di Nicoya da sud a nord e fermarci a Cañas a visitare un rifugio per animali. Ci attendono tre ore e mezza di strada fino al rifugio e poi altre tre ore fino a San José.
Google maps ci consiglia di prendere la strada che passa all'interno della penisola. Ma l'abbiamo già fatta e sappiamo che è tutta sterrata e dissestata. Con un buco nella gomma e un ammortizzatore rotto è meglio prendere la strada principale che segue la costa. Almeno l'inizio, è asfaltato.
Ci mettiamo in marcia. Un mini sciacallo attraversa la strada davanti a noi, uno stop per ammirarlo è d'obbligo.
Per i primi chilometri tutto bene. La strada è asfaltata come previsto, non c'è traffico e avanziamo rapidamente. Poi, ad un certo punto, la strada principale che credevamo asfaltata diventa sterrata. Male, il nostro ammortizzatore ne soffre un po'.
Poi, ad un tratto un cantiere stradale blocca il passaggio. Dobbiamo aspettare. Aspettiamo, aspettiamo e aspettiamo. Non avevamo tempo da perdere, se fossimo arrivati in ritardo non avremmo potuto visitare il rifugio e avremmo dovuto andare direttamente a San José. Eravamo già in ritardo sulla tabella di marcia, ogni secondo contava.
Finalmente ci fanno passare. Contenti, proseguiamo. Poco dopo, un secondo cantiere. Aspettiamo di nuovo. Poi ancora un altro cantiere e un altro ancora. Insomma, per circa una cinquantina di chilometri è stato un alternarsi di cantieri con colonne d'attesa. Avevamo deciso di prendere questa strada perché la pensavamo la più veloce. Forse avremmo fatto meglio a scegliere l'altra.
La strada è lunga e l'ammortizzatore rotto si fa sentire. Nonostante tutto arriviamo al rifugio a Cañas in tempo.
C'era di tutto. Tutti quegli animali per i quali abbiamo camminato ore nella speranza di vederli anche solo da lontano erano li. A portata di foto, a pochi metri da noi. Tucani, ara macao, tartarughe, pappagalli, scimmie, pecari, ocelot e addirittura giaguari.
Quando eravamo davanti alla sua gabbia, il giaguaro prima ha starnutito, poi per farci capire che quello è il suo territorio quasi ci piscia addosso con un getto di oltre due metri.
C'era anche un vitello nel rifugio, il quale ha interamente leccato il braccio di Olivia.
È ora di andare, 170 chilometri ci attendono ancora. Questa volta non c'è margine di errore, non possiamo arrivare in ritardo. Entro le 19.00 dobbiamo essere all'ufficio di Payless per consegnare la macchina, altrimenti dobbiamo pagare una giornata in più.
Questa volta la strada è asfaltata. Nonostante questo, i cantieri non mancano neanche qui. Attendiamo a lungo al primo cantiere. Male, non ce lo possiamo permettere.
Il traffico aumenta ed incontriamo ancora qualche cantiere. Quando giungiamo all'entrata di San José era ormai l'ora di punta. E San José è conosciuta per il suo traffico esagerato. Ci mancano pochi centinaia di metri, ma siamo bloccati nel traffico.
Dall'aeroporto all'ufficio saranno circa 300 metri. Eravamo davanti all'aeroporto alle 18:30, metro dopo metro siamo arrivati all'ufficio alle 18:55. Dopo 350 chilometri quasi non ce la facevamo per 5 minuti.
In fretta e furia scarichiamo la macchina. In 23 giorni si era accumulata roba ovunque. Pure nel vano della ruota di scorta. Con un ottimo coordinamento ai livelli dei pit stop di formula uno la svuotiamo, la puliamo e la consegnamo. Speriamo non si accorgano dell'ammortizzatore rotto.
Uno di Payless prende le chiavi e la porta via. La sensazione è che un metro del gruppo se ne stia andando. Ha attraversato decine di fiumi, ha macinato chilometri di strada sterrata e ha addirittura circolato sulla spiaggia e scavalcato degli scogli. Dopo 23 giorni e 3'628 chilometri, bye bye Ssanyong.
Ci ritroviamo sul posteggio di Payless, con gli zaini stracolmi e sacchetti pieni di roba un po' ovunque. E ora? Che si fa? Siamo lontani dal centro, la migliore opzione è un Uber. Ci porta nel cuore di San José, dove Dani aveva appuntamento con il suo amico José (che caso) che l'aveva ospitata qualche giorno prima e con una sua amica germanica. E anche Dani se ne va, bye bye Dani.
Con gli zaini in spalla, ci incamminiamo un po' a caso attraverso la città in cerca di un posto dove mangiare. Non trovando un posto decente e con wifi, alla fine ci dobbiamo accontentare di un fast food. L'ultimo pasto, poi ci siamo separati anche da Olivia, bye bye Olivia. Lei quella sera è andata dalla signora che l'aveva ospitata durante il suo stage prima del viaggio, per poi prendere l'aereo di ritorno la mattina dopo. Le sue vacanze in Costa Rica erano giunte al termine.
Siamo rimasti in due, Mirco e Luca. Per noi il viaggio non era ancora finito. Il giorno dopo avremmo preso un bus per passare il confine e andare a Panama, dove saremo rimasti qualche giorno prima di rientrare a casa.
Dopo l'addio a Olivia ci siamo incamminati per la città in cerca di un posto dove passare la notte. Poco distante abbiamo trovato un ostello con dormitori per 10$ a testa. Esattamente, ciò che ci serviva.
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