Martedì 12 febbraio 2019.
Ci svegliamo alle 7:00 e ci godiamo la colazione inclusa con vista sulle montagne. Fa freddo e il vento è forte. Le sensazione è come quella in una capanna montana sulle Alpi, ma siamo in Costa Rica.
Oggi pomeriggio alle 13.30 dobbiamo essere al parco avventura. Tra le varie opzioni, abbiamo scelto quella offerta da 100% adrenalina. Offrono una decina di teleferiche, un Tarzan Swing da 40 metri e la zip line più lunga del Centro America.
Nel frattempo, ne approfittiamo per farci un giro alla Cloud Forest della riserva Santa Elena. Il nome deriva dal fatto che la foresta è spesso immersa nella nebbia, dando la sensazione di essere all'interno di una nuvola.
Ma prima di andare alla Cloud Forest necessitiamo assolutamente di una pompa di benzina. Google Maps ci porta in un posto sbagliato. Perdiamo un po' di tempo ma poi ne troviamo una. Alla pompa di benzina ci accorgiamo di avere una gomma sgonfia, o meglio, bucata. il buchino è minuscolo, la gomma si sgonfiamo molto lentamente.
La gonfiamo, vedremo quanto dura.
La strada per arrivare alle riserva Santa Elena è disastrata. Sterrata, pena di buchi e molto trafficata. Arriviamo, la gomma sembra tenere.
Entriamo nel parco, la vegetazione è molto fitta e molto verde. Si nota che qua l'acqua non manca. Prendiamo il "sentiero incantato", fin da subito si capisce perché si chiama così.
L'ora fatidica si avvicina. Ci spostiamo da la Riserva Santa Elena alla sede di 100% avventura.
Al nostro arrivo ci fanno una dettagliatissima introduzione generale. Ci prepariamo e ci facciamo imbragare. Eggià, ci imbragano loro. Tutto li è a prova di imbecille. Il cliente non deve fare nulla, dicono, deve solo godersi il momento.
Una volta imbragati raggruppano tutti alla partenza per le istruzioni d'uso dell'attrezzatura di cui ci hanno forniti. Riassunto: non fate niente, facciamo tutto noi.
Siamo pronti a partire. Stiamo per fare la zip line più lunga del Centro America, ovvero due chilometri da montagna a montagna passando, o meglio, volando sopra la giungla a 200 metri di altezza. Questa zip line è il piatto principale del menu, non l'unico. Ci aspetta anche un salto nel vuoto di 40 metri, il Tarzan swing. Ma prima di tutto ciò, un po' di riscaldamento.
È il nostro turno, finalmente. Si comincia con alcune zip line di qualche decina di metri. Corte ma già molto belle. Nei parchi avventura a cui siamo abituati noi, ce n'è una o forse due di queste zip line. Qui, per riscaldamento, ne facciamo una decina. Di albero in albero, attraverso la giungla. Una dopo l'altra diventano sempre più lunghe.
Fino al tanto atteso cavo di due chilometri. Qui, per renderlo ancora più speciale, ti fanno mettere in posizione superman cosicché si abbia la sensazione di volare. In più, lo si può fare in due contemporaneamente. Si vola letteralmente attraverso la giungla fino quando non si apre lasciando spazio alla vallata. Per quasi un minuto si attraversa la vallata sorvolando la giungla, fino a rientrarci dall'altro lato. Una sensazione indescrivibile.
E non era ancora finita.
Dopo della zip line, tocca al Tarzan Swing. Via il primo, avanti il prossimo.
Questo è tipo bungee jumping ma da seduti. Quando gli addetti ti fanno segno, ci si incammina uno alla volta lungo un mezzo ponte sospeso sopra la giungla. Il ponte è trasparente e traballante. Quanto arrivi in fondo, gli addetti ti agganciano, ti mettono sull'orlo e ti chiedono: "pronto?"
Indipendentemente dalla tua risposta, aprono il in cancello e ti dicono di piegare le gambe. Se le pieghi cadi, se non le pieghi, te le piegano loro e cadi ugualmente.
La prima sensazione è di caduta nel vuoto più totale. Ti chiedi addirittura se non si sono dimenticati di agganciarti. Precipiti, precipiti e precipiti. Solo in pochi non panicano. Dopo pochi secondi che stai precipitando la corda alla quale si spera tu sia agganciato entra in tensione e ti tira in avanti come se fosse un'altalena gigante. Ti rendi conto che ne uscirai vivo e ti godi l'altalena larga decine di metri. Dondoli avanti e indietro tre o quattro volte e poi ti fanno gentilmente scendere. Pazzesco.
Ne usciamo tutti e quattro indenni. Tutti vivi, torniamo al punto di partenza.
Recuperiamo la macchina e andiamo in paese a Monteverde. Ci attendono cinque ore di auto, tra cui una gran parte su strade sterrate, per andare a Montezuma. Dunque prima sgranocchiamo qualcosa.
La gomma sembra essere ancora gonfia. Decidiamo di partire per 200 chilometri nonostante il buco. La nostra destinazione è Montezuma.
Già dopo poco dobbiamo fermarci. La vista sulle montagne è troppo bella. Una pausa e qualche foto sono d'obbligo.
Passiamo dal paesini Las Juntas, che ci sembra a prima vista decisamente autentico. Niente negozi di souvenir, niente ristoranti western e niente hotel e ostelli. Un po' diverso da Monteverde diciamo.
Continuando, circumnavighiamo il golfo di Nicoya attraversando interamente la medesima penisola da nord a sud. Attraversiamo diversi fiumi. Poi il sole cala e attraversiamo diversi fiumi anche al buio. Ad un certo punto, un lungo serpente di quasi due metri attraversa la strada. Sembrava un ramo. Riusciamo a schivarlo all'ultimo. Torniamo in dietro per assicurarci di non averlo preso e, nel caso, per vederlo meglio. Ma niente, era già sparito. Meglio così.
Il tempo passa. La strada è buia, stretta e dissestata. Ci accorgiamo che la nostra Ssanjong, dopo una ventina di giorni rally, ha incominciato a fare dei rumori troppo forti e troppo strani. C'è qualcosa che non va. Ma la priorità in quel momento era arrivare a destinazione.
Era ormai tardi e quella strada sterrata non finiva più, eravamo in mezzo al nulla. Dovevamo mangiare, ma più il tempo passava più le probabilità di trovare qualcosa aperto diminuivano.
Alla fine, arriviamo in fondo alla strada e poco prima di Montezuma c'era un paesino. Ci fermiamo in una soda (ristorantino locale) che di locale aveva poco. Era troppo tardi per continuare a cercare un altro posto. Ci accontentiamo con quello. Ma solo quando eravamo già seduti al tavolo ci rendiamo conto che è una soda cinese. È un mix tra cibo costaricano e cibo cinese. Particolare.
Ma l'importante era mangiare e per fortuna siamo riusciti a mangiare. Uscendo dal ristorante constatiamo i danni alla macchina. Tutte quelle buche e tutti quei chilometri sullo sterrato negli ultimi 20 giorni avevano avuto la meglio sulla sospensione anteriore sinistra. Adesso ad ogni buca si sentiva una botta molto forte.
Fortunatamente l'ultimo tratto di strada era asfaltato. Arriviamo a Montezuma, un po' tardi ma sani e salvi. Prendiamo una camera al Pargo Feliz a pochi metri dal mare: non bellissimo, non pulitissimo, non simpaticissimi, ma economico.
Al nostro arrivo uno stranissimo essere appare a qualche decina di metri da noi. Illuminato dai fari, vediamo una specie di ratto gigante, cicciotto con la coda molto spessa. Non era un ratto, era un armadillo.
Alla fine di questa lunga giornata, ci rilassiamo un po' sulle amache, giusto il tempo di farsi massacrare dalle zanzare e andiamo a dormire.
Domani una bella sorpresa ci attende.
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