Lunedì 11 febbraio 2019.
La giornata inizia ottimamente. Olivia si sente meglio, la caviglia di Luca sembra migliorare e facciamo colazione con la frutta offerta da Louis e pane fresco. Dani fa un mix di succo di ananas e cetriolo, un'accoppiata tanto strana quanto buona.
Ci mettiamo in marcia in direzione parco nazionale Vulcano Tenorio. La strada per arrivarci è nuova di zecca, sembra stata fatta la sera prima. Brutto segno. Se hanno asfaltato la strada significa che tanti turisti passano da li e quindi il parco sarà pieno di gente.
La strada si snoda attraverso le colline, su e giù, sembra di essere sulle montagne russe.
All'arrivo i nostri dubbi vengono confermati. Ci sono due grandi posteggi, entrambi pieni. Si nota che è un parco molto visitato, non è come, ad esempio, Piedras Blancas che eravamo gli unici visitatori della giornata.
Prendiamo i biglietti e ci incamminiamo. All'inizio è tutto cementato e poi più in la, quando il sentiero inizia a salire diventa più naturale, ma comunque ben curato. Ci sono diversi fiori speciali e colonie di funghetti in miniatura. Continuando la vegetazione è splendida e il sentiero è fangoso (il che lo rende più divertente).
Arriviamo fino al Rio Celeste, chiamato così per via del suo colore.
Finche non lo abbiamo visto non ci credevamo, tutto il fiume è azzurro, azzurro intenso. Il sentiero termina nel punto dove due fiumi di acqua normale si incontrano. Incontrandosi avviene una reazione chimica che trasforma dei metalli presenti in uno dei due fiumi dando questo colore di azzurro vivo all'acqua. Olivia si sbilancia: "È il mio parco preferito!".
Poco prima della fine del sentiero, c'era anche uno special guest. Uno carinissimo serpentello arrotolato al bordo del sentiero. Incredibilmente mimetizzato, se non ce lo avessero mostrato non lo avremmo mai visto.
Ma il punto forte del parco deve ancora arrivare. Lungo il sentiero, vi è una scalinata di 253 gradini che porta alla cascata del Rio Celeste. Una guida ci aveva consigliato di lasciarla per ultima dato che dopo 253 gradini tanta gente è troppo stanca per continuare il sentiero. Così sulla via del ritorno, scendiamo i 253 gradini ed arriviamo a questo:
Arriviamo a un'incantata cascata azzurra. Decisamente uno dei luoghi più impressionanti in cui siamo stati in Costa Rica.
Ritorniamo su dai 253 gradini e usciamo dal parco. Proprio davanti all'entrata del parco era apparso un blocco di polizia. Sembravano seri. Fucili ed equipaggiamento da guerriglia. Olivia, al volante non si sente a suo agio. Tuttavia, passiamo senza essere fermati.
Da li, ci dirigiamo alle cascate Llanos del Cortés non troppo distanti. Queste sono le cascate a cui non eravamo potuti andare perché il giorno prima Luca si era sfasciato la caviglia. Ora la sua caviglia sta meglio, già che siamo in zona ne approfittiamo.
Come molte altre attrazioni turistiche in Costa Rica, si trova in una proprietà privata e quindi si paga l'ingresso. Questa volta però, ci fanno lo sconto studenti. Anche qui il posteggio è molto grande e l'infrastruttura molto moderna. Noi arriviamo poco prima della chiusura, nonostante ciò vi era ancora tanta gente. Vi era addirittura un bagnino a controllare la situazione. L'acqua era particolarmente fredda, ma comunque un bagno ai piedi della cascata è valso decisamente la pena.
Rinfrescati (a.k.a. infreddoliti) torniamo alla macchina. Siamo gli ultimi, il personale aspetta solo noi per andare a casa. Infatti, ce lo fanno gentilmente notare.
Ci mettiamo in strada, la nostra meta questa volta è Monteverde, uno dei luoghi più turistici in tutta la Costa Rica. Facciamo 50 chilometri verso sud lungo la famosa carretera 1, la strada interamericana, poi altri 50 chilometri su una strada sterrata e dissestata che si inerpica su per le montagne. Infatti Monteverde si trova in mezzo alle montagne.
Era ormai buio da un po', la strada sterrata e piena di curve ci è sembrata infinita.
Fa freddo. È ora di tirare fuori una felpa.
Al primo ostello che ci fermiamo ci liquidano con un "tutto pieno". Vabbé, ne cerchiamo un altro. Troviamo spazio al Quetuanis, dove abbiamo la fortuna di stare in un dormitorio da otto vuoto oltre a noi quattro. L'ostello è semplice e offre la colazione inclusa. In più dalla terrazza si ha una vista spettacolare sulle montagne ricoperte da fitta giungla.
Il posteggio però era un po' problematico. Per uscire dal posteggio, ci sono voluti letteralmente 10 minuti di manovre. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
Essendo un paesino di montagna, le strade ripide non mancano. Anzi, quasi mancano le strade pianeggianti. In un punto particolarmente ripido siamo costretti a fermarci da un bus in manovra. Ora ci tocca ripartire. Dietro abbiamo macchine, non c'è spazio per errori. Al volante c'è Mirco. Partenza in salita da manuale. Per fortuna.
Arriviamo al ristorante Sabor Tico e posteggiamo anche lì in pendenza. Marcia inserita, freno a mano tirato, ma appena scendiamo dalla macchina, si muove. Sarà anche stato un normale assestamento, ma non era per niente rassicurante.
Dopo la cena, tra camerieri simpatici e porzioni abbondanti torniamo all'ostello. È ora di dormire, domani ci aspetta la Zip line più lunga del Centro America.
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